Cunti/L’emigrazione da record aprile 1, 2020 Ma che ne sapete voi di Urpulerio, che alla Germania non ci voleva emigrare? Un poco per orgoglio, di più perché la famiglia la teneva lá, a lu paese. E che faceva? Pigliava in capa e se ne andava? Ma venne un brutto momento e Urpulerio dovette cambiare ragionamento. Lavorare alla giornata non era più sicuro. La terra che ti vuole dare? Quello che può. E i figli? Come li cresci? E così Urpulerio fu convinto da suo fratello ad andare alla Germania. Addomandarono a Franchino – che già si era trasferito da qualche anno e veniva sempre con vestititi cuciti sistemati e colori sgargianti – se c’era un posto dove faticava lui. A La Germania, questo posto lontano che tiene da faticare per tutti quanti. Franchino chiese alla fabbrica di pinze dove lavorava e il padrone gli disse che sì, se lui garantiva per loro, il posto poteva uscire. Ora, gli Urpulerio si sa al paese come sono come razza. Il nome stesso richiama uno sguardo arcigno, le sopracciglia inarcuate, famiglia facile al litigio pure per una zerla. Ma Franchino si dovette sentire nel dovere di farlo e da buon paesano garantì. I patti erano che sarebbero partiti assieme, ognuno con la macchina sua, per insegnare la strada, due giorni dopo la festa del patrono. Urpulerio e suo fratello carrozzarono la macchina di qualunque benedidio. Salsicce, sopressate, cacicavalli, una sporta intera di farina per fare la pasta a mano. Qualche camicia un poco lisa, la giacchetta, cinque cambi. Le pantofole e il pigiama comprati per l’ospedale e il santino del patrono per devozione. E cosi partirono a la ventura, appresso a la macchina di Franchino. Buono fecero che dopo ore e ore dentro a l’autostrada, appena superarono il confine con la Germania, videro che si era fatta ora e si fermarono per telefonare a gettoni a la casa e cenare in questo paese forestiero. Tenevano le facce più scure di sempre e un poco smarrite. Fosse che loro erano male predisposti, fosse che i tedeschi accominciavano a tenere in spregio gli italiani, successe quello che successe. Il cameriere portò a la scordata che doveva finire di apparecchiare con i tavaglioli. Urpulerio e suo fratello si sentirono male trattati. Franchino provò a sistemare le cose e a sfoggiare la lingua nuova chiedendo i tavoglioli in tedesco. I tovaglioli non arrivarono e Urpulerio prima e suo fratello dopo non lo seppero sopportare e cominciarono a dare una disturbata. Quelli già eran venuti di malavoglia, se poi questa era la accoglienza. Cominciarono a pulirsi il muso con la tovaglia. Lo notò il cameriere che chiamò il padrone, questo uscì dalla cucina e pure sapendo che erano italiani urlò qualsiasi cosa in tedesco. Urpulerio e suo fratello sapevano poche parole in italiano e nemmeno una in tedesco, ma capirono. E reagirono come sapevano fare. Il fratello cominciò a picchiare il padrone del ristorante, manco fosse una giumenta senza barda, impazzita. Urpulerio scatenò prima una rissa che coinvolse una ventina di persone nel locale, poi se ne andò in un angolo. Da lì lanciava bottiglie di vetro vuotoarendere contro chiunque. Finì che arrivò la polizia. Franchino provò a spiegare in tedesco, ma i poliziotti gli chiesero se conoscesse quei due. Rispose – anticipandolo – Urpulerio che il tedesco non lo sapeva ma capì e per tenere salvo Franchino fece un gesto come a dire ma chi lo ha mai visto a questo. Nein. I poliziotti allora chiesero i documenti. Franchino aveva anche la lettera della fabbrica e la bolletta della luce pagata in Germania. Urpulerio e suo fratello tenevano le carta di identità nuove nuove conservate come una reliquia. I poliziotti le presero, si segnarono le generalità e consegnarono a Urpulerio e a suo fratello due fogli di via. Divieto di rimettere il piede a la Germania per tre anni. Poi dissero che loro, i poliziotti, se ne andavano e che se dopo un’ora tornavano e li trovavano ancora là avrebbero dovuto carcerarli. Appena quelli uscirono Urpulerio chiese più volte a Franchino se aveva capito bene. Se ne dovevano a forza tornare al paese. Mentre chiedeva spalancava gli occhi come un rospo. Franchino confermò che se ne dovevano andare, sì, per forza. Non c’era altra via. Fu così che Urpulerio e suo fratello stabilirono senza saperlo il record dell’emigrazione più corta della storia. Cinque ore in tutto. Da quando avevano attraversato il confine a quando furono riaccompagnati da Franchino alla dogana. A guardarli bene mentre li salutava a Franchino sembrò, per la verità, che avessero una strana faccia, che non la contavano giusta. Li salutò con la mano e fece per andarsene. Quando si voltò una ultima volta verso di loro li trovò con una espressione che lo sorprese. Ridevano contenti, come due bambini che l’hanno fatta grossa ma l’hanno passata liscia. Urpulerio stringeva nella mano il santino del patrono. Tutti e due erano contenti come non mai, contenti di essere costretti a tornare a casa. Fancùlalagirmania. Che Urpulerio! Il Santo Patrono Lascia un commento Annulla risposta Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Navigazione articoli Denatalità, blackout e le partite di palloneCunti/ La pace coi crauti. La storia di Peppe di Michelalfonso che divenne Lutedesco