Irpinia, pro-memoria preventivo

novembre 21, 2020

Il rombo della terra che sale e fa tremare tutto, ripreso da una radio locale mentre sta trasmettendo un liscio; partiamo con il sonoro emozionale, lavoriamo subito sul climax. Oppure andiamo sul grande classico, recuperiamo la prima pagina de IlMattino, “Fate presto”, Andy Wharol e ne approfittiamo per ricordare anche Carlo Franco che firmava il reportage e se ne è andato da poco. E se puntassimo sulla denuncia sociale? La Commissione bicamerale presieduta dal futuro Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, che appurò che oltre i due terzi dei 70mila miliardi di lire per la ricostruzione finirono direttamente o indirettamente alla camorra e a un sistema imprenditoriale nordico dedito al malaffare. La disattenzione, ops ragione di Stato. Perché non andare su una retrospettiva filmica, centrata su “La terra è fatta così” di Gianni Amelio, a vent’anni dal sisma, vent’anni fa? Ma sì, e intervistiamo il poeta al quale è tanto cara la malattia e la morte, facciamogli raccontare del terremoto che squarciò il suolo e di quello che venne dopo e spopolò i paesi. Riprendiamo gli scempi che ne sono seguiti e la chiesa astronave di Aldo Loris Rossi a Bisaccia. Buttiamola sulle colpe, cerchiamole soprattutto altrove. Facciamo una carezza alla malinconia che quella sempre c’e per il tempo che fu. Due immagini di repertorio con i pacchi di Zamberletti e un eskimo con la bandiera della Germania sulla manica. I prefabbricati. Una bella scorsa di quelli che ancora ci sono e l’intervista a una donna fatta che racconta che là dentro ci é nata. Domandiamo ai vecchi di ricordare, sono una garanzia e una via di salvezza i vecchi che raccontano, qualsiasi cosa, purché siano ripresi a lungo con la camera in faccia, una bella ruga in primo piano “ora qui non ci è rimasto nessuno” e poi l’occhio umido e le ciglia che sbattono. Uno. due. tre. quattro. cinque volte. Stacco. Titoli di coda, fino al prossimo anno. Ricordiamo, ché ricordare é sempre fondamentale. Emoziona, fa identità e comunità. E mai come di questi tempi ce ne è tanto bisogno, signoramia.  Poi, con calma, domandiamoci pure se è normale che dopo quarant’anni c’è chi si affanna senza sosta per tenere appiccicato all’Irpinia il marchio del terremoto come l’elemento identitario più forte. Come l’unico elemento identitario possibile. Tutto uno sforzo per ricondurre sempre al 1980, solo al 1980. Codardi, avessero almeno il coraggio di farne un brand, di farsi loro stessi brand: “made by terremotati”.

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