Aquilonia, cultura contadina e buona tavola (a.d.2014, ma sembra tanto tempo fa) gennaio 5, 2014 Per giungere ad Aquilonia, da Calitri o da Bisaccia, occorre superare pochi chilometri di tornanti panoramici, con vista sulle gobbe di irte colline, qua e là sacrificate all’energia del vento. L’invito all’ospitalità aquiloniese, oltre che nelle larghe strade, è evidenziata dalla presenza già all’ingresso del paese degli alberghi in cui soggiornare. Il Gronki: 14 camere munite di ogni confort, e Lo Smeraldo (11) che dispone anche un centro benessere, con palestra e sauna. Entrambi sono molto attivi anche nella ristorazione. Nei menù dello Smeraldo spiccano funghi carduncelli e verdurine di campo, cavatelli fatti in casa con capesante e concassè, diversi piatti a base di porcini o tartufo e tanto altro ancora. Gronki ha un ristorante con cinque sale e una varietà assai vasta di pietanze e di possibili combinazioni. Recente la riscoperta della chiura, robusta polenta tradizionale, cotta anche con porcini e salsiccia sbriciolata. E poi la pasta fatta a mano, come le lagane e ceci e gli strascinati al ragu, e un’ampissima scelta di primi e secondi, che richiamano tradizioni a cavallo di Puglia, Basilicata e Campania. Piccoli privilegi dei territori di confine. Aquilonia è per giunta una città itinerante, intendendosi così quei paesi che per eventi sismici sono stati ricostruiti altrove, spesso vicino a quei siti originari poi nel tempo riscoperti. Ad Aquilonia vecchia, antica Carbonara (pianta medievale, crollata nel 1930), la riscoperta si traduce, oltre che in un Museo dedicato proprio alle città itineranti, nella suggestione di un Parco Archeologico che tra quinte di antiche palazzi e chiese, si staglia superbo sopra le colline circostanti. Val la pena da lì far pochi passi verso la fontana pubblica in pietra (pare del 1792) un tempo lavatoio, ora ancora fruibile per un sorso di ristoro, tra le maschere scolpite. Per chi intenda avventurarsi oltre, solo qualche chilometro più in là c’è il lago San Pietro, un’oasi naturale che dal 2006, ogni estate, ospita il “grande spettacolo dell’acqua”: un incanto di luci, danze e teatro su 20mila mq di scena, sull’acqua, e un numero elevatissimo di attori e volontari. 150mila gli spettatori finora. Centro organizzativo è lì vicino, a Monteverde, paesino incantevole che ha conservato genuinità e tradizione, pur rinnovandosi. Dall’altro lato di Aquilonia si può invece scendere verso l’Abbazia di San Vito (il Santo Patrono, 15 di giugno). È di età tardo medievale, ma da un recente scavo sono affiorati frammenti di epoca romana: potrebbe trattarsi dei resti di “strutture funerarie” di età imperiale, connesse ad un antico tracciato viario consolare. È infatti in mezzo a queste colline che la via Appia fa perdere le sue tracce. Tradizione vuole che giunti all’Abbazia, vi si facciano tre giri intorno, pare per attirarsi il ben volere del Santo. Lì attigua si staglia una quercia plurisecolare, “albero padre” per Legambiente, offre un generoso riparo all’ombra, con uno spettacolare intreccio di rami e foglie. Un piccolo sentiero sulla sinistra conduce alla fontana di San Vito, dove talvolta è ancora possibile incrociare lavandaie contemporanee intente a sciabordare. Il recupero della cultura contadina ad Aquilonia passa principalmente per il Museo Etnografico intitolato al suo fondatore: Beniamino Tartaglia. Si tratta di una struttura unica che permette un’immersione reale nel mondo contadino, meglio del 3D. I 14mila oggetti catalogati nei 1.500 mq di area espositiva sono sapientemente organizzati nella ricostruzione di 130 ambienti tematici: dalla casa contadina (la culla sospesa in aria, i vari tipi di scaldaletto, i vasi da notte per l’atto piccolo e per quello grande), alla stalla, agli stand dedicati ai riti del matrimonio, ai rimedi naturali contro i malanni. E poi negli spazi al piano sotto i mille mestieri e gli oggetti utilizzati per ciascuno (dal vasaio al barbiere, dal conciapiatti al cestaro, al bottaio al maniscalco e ancora). E poi gli antichi giochi e la cantina. I temi dell’emigrazione e del brigantaggio. E in fondo la riproposizione del ciclo del grano e anche qui gli attrezzi e gli ambienti riprodotti pedissequamente. Ce n’è per godersi una visita lunga, anche grazie alle spiegazioni sapienti e agli aneddoti curiosi delle guide dell’Associazione per la gestione del Museo Etnografico. L’esplorazione della natura al cielo aperto, invece, è favorita dalla presenza dell’agriturismo Agrivita, in contrada Pozzo Monticchio, un paio di chilometri dal centro di Aquilonia. Qui infatti, oltre a fruire di una pista predisposta per il motocross, è possibile prenotare un cavallo e muoversi per le colline in piena libertà (nonché trattenersi a pranzo o a cena, e gustare le pietanze che hanno il punto di forza nella trasformazione dell’antico grano duro locale “Senatore Cappelli” ). Qui il biologico c’era prima della moda del biologico, naturalmente, e così è rimasto. Il Caseificio Balestrieri, per esempio, utilizza solo latte locale e lascia vive le proteine trattandolo senza pastorizzazione. Un lavoro manuale faticoso e continuo per ottenere latticini, ricotte, caciocavalli, un primosale con erbe aromatiche di campo, involtini ripieni con burrata, e un treccione di fiordilatte prodotto con la tecnica di lavorazione della bufala. Il colore e la forma dei prodotti cambiano per via dell’alimentazione degli animali (in caso d’erba il colore si va ingiallendo, sarà più bianco se avran mangiato il fieno) e dell’ispirazione contingente di Nicola. La qualità invece è fissa e garantita. E vale anche per l’olio (maiatica) di Michele Di Martino, prodotto combattendo il rischio di malattia della pianta grazie a minuziose potature e senza utilizzo della chimica. Estrazione a freddo; sapore piccante, amaro; retrogusto di carciofo e pomodoro; adatto per carni, verdure, zuppe, insalate. Fanno perno sulla tradizione locale e sulla saggezza dei propri padri anche Enzo Palagano e Marco Maglione della Fr.olear snc, nella produzione artigianale e a freddo di tre monovarietali: l’ogliarola irpina (adatto per il pesce o anche con un tozzo di pane), il ravece (gusto più deciso, indicato per le carni e i sughi saporiti) e la parenzana, dal sapore più dolce e delicato. Di riconosciuta qualità son anche salsicce e sopressate paesane, acquistabili come gustosi souvenir nelle macellerie Famiglietti, Coppola e De Vito. Per assaporare sul posto le ricette tradizionali, invece, lungo il corso principale è facile imbattersi nei “Sapori Mediterranei”. Pochi tavoli come le antiche locande, per pietanze tipiche, come i mugliatielli: interiora e frattaglie di agnello conditi e avvolti negli intestini, serviti più spesso al sugo, squisiti al palato. O i cavatelli con la salsiccia o il baccalà alla ualanegna (cucinati con i peperoncini secchi) e tanto altro ancora. Ad Aquilonia a tavola è impossibile sbagliare. La qualità è alta ovunque e non occorre riportare qui le indicazioni. Si trovano rapide sul web o, meglio, chiedendo sul posto a chiunque capiti di incontrare. Lascia un commento Annulla risposta Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. 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