Saliva / la rabbia febbraio 24, 2019 Vostro onore, io non ve lo so spiegare. So solo che ho sentito come un senso di profonda ingiustizia nelle cose che non erano neanche ferme ma si muovevano e muovendosi tendevano a peggiorare. É per questo che ho avvertito come un bisogno, come un atto di estrema responsabilità, quello di fermare tutto. Almeno un attimo. E ho fatto quello che ho fatto, ma senza nessuna cattiveria, al contrario, con un intento salvifico, a suo modo santo. Mi spiego meglio. Non dice il padreterno che ci vuole un senso di giustizia e che tutti i cristiani sono tali e quali? Non ripetono i testi sacri a più riprese e con mille differenti parabole che é l’altro, il senso dell’altro a fare la differenza? Se questo é, e questo é perché è scritto ed è scritto in un tempo che non prevedeva distanza tra la parola e il fatto ma coincidenza dell’una con l’altro, vuol dire che così è, indubitabilmente. E se così é ci sono solo due possibilità. Accettare passivamente e colpevolmente quel che accade o – altrimenti – reagire. Io ho fatto l’unica cosa umanamente possibile. Perché l’altra, accettare passivamente, non è umana o almeno non è da cristiani. Ho reagito. Lei e i signori della corte vi sarete chiesti e vi starete chiedendo se è contrario alle leggi il mio comportamento, il modo in cui io ho reagito. Io vi chiedo di fare di più e di domandarvi se quello che ho fatto sia giusto. Se prima di aprire i codicilli e fare l’interpretazione autentica del legislatore, ovvero di un altro uomo, perciò stesso fallace, voi non abbiate a chiedervi se la mia reazione voi non la valutiate giusta, corretta, necessaria, encomiabile. Perché se così fosse, e così è inevitabilmente, vorrà dire che è questo quello che vale. Vorrà dire, per fortuna, che esistono delle norme inviolabili e che non dipendono dal periodo storico o dalla latitudine, ma che ciascuno, nel suo profondo, avverte come inviolabili. Lo so bene, è un discorso scivoloso che può condurre fino allo stato etico, che comincia con chiamare i provvedimenti facendo esplicito riferimento alla dignità e non si sa dove può andare a sprofondare. Ma qui il discorso è capovolto, qui in discussione ci sono due questioni che sono al fondo di tutto il resto. La sacralità della vita, unita al senso dell’altro. La considerazione che tutti gli essere umani sono uguali, o meglio che tutti siamo diversi ma proprio perciò ognuno ha alla base gli stessi diritti, le stesse tutele, la stessa inviolabilità da parte dell’altro e da parte delle comunità. Se così é, vostro onore, allora non c’è legge statale che tenga. Chi lascia morire un uomo in mare e ne fa una medaglia é un criminale, chi manda in un angolo e deride un creaturo perché é nero e lo fa peraltro essendone il maestro, a scuola, é una latrina e va licenziato, chi condivide scelte di questa gravità nel governo di una comunità é complice e ha responsabilità non inferiori. Ne deriva che chi ne ha occasione e non sputa loro in faccia manca a una giusta reazione e andrebbe indagato per omissione di soccorso verso il genere umano. Fate un atto salvifico. O almeno un atto salivifico. Se capita occasione non esitate, anzi prendete bene la mira. E sputategli addosso. E mentre lo fate viene bene un selfie. Ritratto, postatelo poi da qualche parte. Io ho fatto così. E se qualcuno tra voi ancora pensa che io sia da condannare, ricordi che si fa egli stesso colpevole, complice, interprete di un tempo che verrà ricordato come un periodo storico in cui la bestialità umana non calava. Saliva. Lascia un commento Annulla risposta Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Navigazione articoli La parmigiana di melanzane, la bionda con i capelli corti e Alberto Angeladi batriacomomachie, Leopardi e algoritmi