SantoVito e la protezione per semine, epilettici e naufragati maggio 9, 2019 Santo Vito santo, da ogni male scansaci, da serpi velenose e dai cani arrabbiati. Patrono degli osti, dei farmacisti e dei minatori. Dei fabbricanti di pentole, dei fabbri, dei birrai e dei viticultori. Santo da invocare da lanzichenecchi e soldati di ventura, sordomuti, attori, danzatori, epilettici e posseduti. Che ti piglia, SantuVìt? Protettore dai lampi, dai tuoni, dal pericolo di incendi e dal maltempo; strenuo difensore della terra, della semina e dei raccolti. Santo di fecondità e di abbondanza. Sett vòt se mangia a SantuVìt. Santo uno e trino, siciliano, lucano e finanche romano. Ostrogoto, italico, figlio di una turca, francese, slavo, greco, africano. Santo dei pastori e dei contadini, che raccoglie l’onere pagano di proteggere da Sirio, il Cane Celeste, la sua costellazione e la siccità che può portare. Salva da quel cane e dalla rabbia di quelli terreni, li doma come San Francesco. É Santo della terra e più che Chiese urbane merita Badie, fuori le mura, in campagna, a difendere dalle carestie. Reca la sua fontana acqua benedetta contro la siccità e tutti i mali. Intorno alla sua chiesa, per buono augurio e devozione, cristiani e animali di masseria praticano tre giri in rotazione. Tre è numero anticamente perfetto e alla cristianità da sempre caro. Ruotar intorno a una cappella non è distante dal replicare un rito universale, praticato da sempre, lambendo un simbolo di fecondità. Circumambulatio, lustrum, ognuno ha il suo modo di girare a tondo, anche tra islamici, induisti, buddisti e meditanti. Son similitudini su cui riflettere, in effetti. Taumaturgo, curatore degli infermi e in particolare di quelli affetti dal morbo che lo prende a nome e si fa ballo. Il ballo di San Vito. Che sia stata popolare intossicazione da segale cornuta o collettiva allucinazione, San Vito si impone e allontana musca e tafano. Cura finanche la figlia dell’Imperatore e – sacrilegio – la rifiuta in sposa. Rompe la tradizione per qualcosa che per lui è più alto, è superiore. Si fa finanche piccolo, unico tra i santi, e presta il nome suo per un rito legato alle messi, alla terra, alle idi di maggio, il nove. Sono quelli i giorni in cui si invoca la stagione, si chiede venga propizia e generoso sia il raccolto. Ben prima del 15 giugno, giorno della sua venerazione in ricordo del martirio e della sua afflizione. E in quel giorno, per tradizione, si fanno benedire i pani, per tutti, anche per i cani. Figuriamoci per quelli che si presentano umani. Poco importa se son italiani, boemi, africani o ostrogoti. il libro di San Vito di Dario Ianneci Sia, allora, quel pane nutrimento santo anche a scampare dalla rabbia e dal veleno che certi bastardi e certe serpi provano a instillare, anche tra i più devoti, per miserabili tornaconti elettorali. Evviva SantuVito. E SantuVito evviva. P.S. grazie a Dario Ianneci, ai suoi studi e alle sue pubblicazioni, miniera inesauribile di storie altrimenti dimenticate e baluardo solido contro l’urbana omologazione. Lascia un commento Annulla risposta Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Navigazione articoli Due passi per le Cinque Terre – nel luogo dove nacquero i LimoniSe Bellocchio tradisce Favino.