Cunti / Mariannina e lu New Jersey aprile 24, 2020 Era proprio bello Raffaele nella culla, benedica. Capelluto e scuro come il padre e con due occhi a barchetta, brillanti come la rugiada. Se lo guardava e ne trovava conforto Mariannina, sorpresa come al sesto figlio fosse ancora così nuova l’esperienza del parto. E come era bravo: aveva passato i suoi primi dieci mesi sempre attaccato alla menna, a fare sorrisi e smorfie, senza mai urlare. Stava così sovrappensiero Mariannina mentre finiva una sciarpina di lana per un regalo, quando rientrò dalla campagna Nino. Che hai passato? Tieni una cera… Che niente, che voglio passare, rispose lui. Se é per le fettine che dovevi prendere a la macelleria non ti preoccupare, metto a riscaldare due miccole e poi ci sono i lambascioni, e pane non ne manca. No, non è quello, le fettine le ho prese, Riccardo ha insistito che me le voleva regalare, ma gliele ho volute pagare. Embé, perché non hai accettato? É una scortesia, tanto più che siamo pure mezzo compari. E poi comodo ci faceva comodo. L’ho fatto perché deve imparare a parlare, rispose fermo Nino. Ha tirato fuori certi discorsi strani, su suo fratello che sta al New Jersey, che l’anno che viene ad agosto sta qua in ferie… Chi? Antonio Lamericano? Eh sì, lui, lui. Embe? Perché ti ha fatto urtare? Se ne è uscito che Antonio é diventato benestante, tiene tre pizzerie, non gli manca niente niente. E questo in paese chi più chi meno già lo sa… E poi bellebuono fa: una cosa sola gli manca, che non può avere figli… Mariannina spalancò gli occhi irrigidendosi, posò su una sedia i ferri e la sciarpina ormai finita e gli fece Niente niente ti ha fatto la proposta per Raffaele nostro? Non gli ho fatto neanche finire di parlare, ho preso le fettine, gli ho lasciato i soldi e me ne sono venuto. Mariannina portò una mano alla bocca e ispirò forte un Maronnamia. Seguì un silenzio fitto. Tutti e due si stavano facendo in testa lo stesso ragionamento. Tutti e due pensavano se il sacrificio struggente, lancinante come una coltellata, di acconsentire alla proposta di Riccardo e di prepararsi per lasciare che il piccolo Raffaele crescesse nel New Jersey con una sorta di zio, senza stenti, con il piatto sicuro a tavola due volte al giorno, con la possibilità di istruirsi, di farsi una posizione, non fosse in fondo un grande atto di amore per il loro ultimo nato. Non ne parlarono per un giorno intero, pure se tutti e due ogni volta che guardavano quella creatura avevano questo pensiero che ripiombava in testa. Fu Mariannina, poi, a prendere il coraggio a due mani e a domandare al marito se non ci dovessero pensare a quella possibilità, per il bene di Raffaele. Glielo disse con i toni più gentili e accoglienti del mondo, ma questo non bastò a evitare una reazione nervosa di Nino. Posto espressamente di fronte a una decisione così difficile cominciò a dare pugni contro a un muro come se la colpa fosse della parete o forse cercando dietro quell’intonaco una risposta su cosa fare, una voce che lo rassicurasse e gli togliesse una responsabilità così pesante. Tanto dal rumore se ne accorsero pure i figli più grandi che stavano giocando a tringoli in mezzo alla strada. Raffaele, invece, continuò a dormire placido lì, nella culla. Mariannina lasciò che il marito si sfogasse, poi lo calmò e gli ricordò che non erano tenuti a fare niente, che la dovevano considerare come una possibilità in più per Raffaele e che comunque potevano lasciare le cose così come stavano. Sapeva, in cuor suo, Mariannina, che Nino non le avrebbe più risposto e che con quella reazione rabbiosa, improvvisa, lasciava da quel momento a lei ogni decisione e ogni responsabilità. Pensiamoci ancora domani, aggiunse lei, e dopo domani in una maniera o in un’altra tocca tornare a la macelleria, perché il compare se ce lo ha chiesto e perché pensava comunque di fare una cosa buona e una risposta finale gli va data, qualunque sia. Nino annuì senza dire una parola, la guardò a lungo come sollevato dal fatto che non avrebbe dovuto scegliere niente. Ci avrebbe pensato Mariannina e come lei pensava così sarebbe andato bene anche a lui. Negli anni che sarebbero seguiti né Raffaele crescendo, né Mariannina, né nessun altro avrebbero potuto incolparlo di aver ceduto il figlio come fosse un mezzetto di grano o, altrimenti, di non avergli voluto dare l’opportunità di crescere lontano ma nell’abbondanza, per tenerselo a casa, a zappare, sporco e senza una lira. Passò la notte insonne Mariannina, faceva prima un pensiero e poi l’altro. Che fare? C’erano state già, eccome, altre situazioni così, altre adozioni dettate dalla fame, ma tutte erano avvenute in maniera clandestina. Nel paese si sapevano ma rimaneva un segreto, non avrebbe certo potuto andare a domandare. E poi ognuno vale per sé e quel che è buono in una casa non è detto che vada bene in un’altra. L’unica era confidarsi con Incoronata, la sua amica più stretta, oltre che commara di nozze. La mattina prese la sciarpina bianca e rossa appena finita per Giovannino, il bimbo più piccolo di Incoronata, disse a Nino che doveva andare a fare una visita e di stare lui a casa. Lui fece un segno come se avesse capito che andava a cercare consiglio e rimase con le creature. Come la vide le fece grandi feste Incoronata che non si aspettava la visita a quell’ora; la ringraziò del pensiero e fece fare tutte le moine al piccolo Giovannino per il regalo. Mandò poi i criaturi a giocare alla via di fuori e chiese subito alla sua amica del cuore che ci facesse lì. Mariannina si sedette e le raccontò tutto, per filo e per segno. Non le chiese espressamente un consiglio. Rimase in silenzio. Dopo alcuni, lentissimi, secondi, Eh, fece Incoronata e, scuotendo il capo, aggiunse, solennemente, Ma i figli so’ figli. Mariannina la guardò forte e annuì più e più volte, poi sorrise e l’abbracciò. Tornò a casa alleggerita e rincuorata, pronta a parlare con Nino per dirgli che aveva fatto bene a reagire così in macelleria e che domani doveva però tornare solo per una questione di mantenere buoni i rapporti, perché sicuro non c’era male intenzione da parte di Riccardo. Gli avrebbe dovuto dire: l’altro giorno me ne sono andato un poco di pressa non per scortesia ma perché non vedevo l’ora di tornare a casa che, come sai, mo’ la famiglia é cresciuta e teniamo pure a Raffaele. E che ci vuoi fare, i figli so’ figli… Nino annuì. Il giorno dopo entrò in macelleria salutò Riccardo e gli disse dritto: A proposito, comunque ricordati sempre che i figli so’ figli. Non era esattamente la stessa cosa, ma il messaggio era sicuramente chiaro. Passarono i mesi, venne l’anno nuovo e ad agosto venne anche Antonio Lamericano. Lo videro i vicini scendere dalla macchina a noleggio con l’autista che apriva la portiera e lui che si affacciava con un sorriso fuori misura, come l’abito azzurro sgargiante che indossava. Dice che aveva portato tre enormi valigie e che si sarebbe trattenuto un poco più delle altre volte. Quando lo incrociarono per la via una sera di festa, Nino e Mariannina fecero un cenno di saluto molto di circostanza e non si fermarono nemmeno a fare le solite domande di cortesia. Come se fermandosi a parlare quel segreto diventasse automaticamente di dominio pubblico, come se fermarsi a parlare fosse di per sè una colpa. Agosto passò e Antonio Lamericano ripartì per il New Jersey. Dopo qualche giorno cominciò a diffondersi per il paese una voce; dice che a venire dal New Jersey era venuto solo, ma a tornare si era portato come adottato un criaturo. Contavano che le carte erano state messe tutte a posto per tempo e in segreto. Si era dovuto portare anche un sacco di cose in più che aveva comprato al paese perché costavano meno e aveva dovuto lasciare due valigie con le cose meno urgenti da suo fratello il macellaio. Assieme ai soldi per farle recapitare, senza fretta. Stavano ancora lì, in un angolo della macelleria le due valigie, per quanto erano pesanti Riccardo da solo non le era ancora riuscito a spostare. Erano piene all’inverosimile. Tanto che quella più grande non si era potuta chiudere bene bene. E lì, incastrato dentro alla cerniera, a guardar bene appariva un che di lana bianco e rosso. Doveva essere una sciarpa da bambino.*** Lascia un commento Annulla risposta Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Navigazione articoli 8 aprile 1956. Assunta ride.Aldo Masullo, piccola memoria personale