“Troppi diritti” di Barbano, manifesto politico per un moderatismo integrale

settembre 29, 2018

Non è necessario essere in tutto d’accordo con le analisi e le considerazioni di Alessandro Barbano per apprezzare “Troppi diritti. L’Italia tradita dalla libertà”, pubblicato a marzo 2018, mentre l’autore sedeva saldamente alla direzione de IlMattino.

L’assunto di fondo parte da una prospettiva insolita e difficilmente contestabile: c’è in Italia una tendenza diffusa a chiedere e a pretendere condizioni spesso di sostanziale privilegio approfittando della forma quale baluardo modellabile a proprio tornaconto individuale o corporativo.

I diritti, la libertà non sono più connessi a doveri, ma collegati esclusivamente a una loro esperibilità, dentro una visione edonistica.

Serve una riconnessione di questi due elementi complementari (diritti/doveri), fondativi di qualsiasi comunità, sostiene l’autore, che si spinge finanche a dire che i doveri sono belli, quasi una citazione, si potrebbe dire di primo acchito, del bello di pagare le tasse di Padoa- Schioppa.

Molti guai, poi, sono frutto di un clamoroso errore di posizionamento imputato alla sinistra e alle corporazioni (sindacati o anche associazioni datoriali?).

Quando riporta alcuni esempi di vissuto italiano poi è difficile non convenire, per esempio, sull’analisi di quanto accaduto nella scuola, con graduatorie antiche resuscitate, diritti individuali che si fanno pretese insostenibili e risultati complessivi che sono contrari alla volontà del legislatore e soprattutto agli interessi collettivi. Un caso modello, da leggere lentamente e introiettare in tutta la sua complessiva assurdità.

Molto interessanti sono anche le pagine sull’Università: nelle facoltà di medicina si entra superando selezioni anche molto dure, poi quasi il cento per cento di quelli che la superano concludono gli studi. Un esempio emblematico della mancanza di una modalità di selezione e di ispirazione al merito (e di formazione necessaria per tutti) che sia continuativa. Passi la selezione per iscriverti e sarai sicuramente medico. Yeah.

Una ulteriore manifestazione, potrebbe aggiungersi per altri versi, di quella tendenza o tentazione a ragionare nell’ottica de “Lu postu”direbbero quelli di Irpinia Paranoica, quasi come una lotteria, un win for life che non è più di questi tempi se non per pochissimi eletti. Una faccia del dirittismo di ispirazione statale, senza dubbio.

E ha una sua verità la critica a una sinistra (una? è mai stata una?) che si è concentrata sui penultimi dimenticando gli ultimi e scatenando la conflittualità tra questi e quelli.

Tuttavia. Tuttavia, già tenere in copertina quasi fossero sinonimi diritti e libertà convince meno. Quasi che siano le libertà personali il principale “imputato” per l’attuale stato delle cose e non lo scollamento di politiche per le libertà (con qualche risultato) e politiche per reddito e servizi pubblici (con scarsi risultati).

Accomunare poi, nello specifico, le critiche alla libertà di voler porre fine alla propria esistenza – il diritto all’eutanasia – a esempi molto distanti o stressare il tema richiamando il caso limite di esercizio collegato a un bambino supporta la tesi ma può essere già meno convincente come impianto, prima ancora che come assunto.

Lo stesso vale per il capitolo sul Sud dove in nessuna maniera pare emergere un dovere che è fondativo di una comunità: quello della solidarietà e del riequilibrio delle condizioni economiche e sociali.

Non è forse vero che da decenni imperversa un modello politico che sposta talvolta platealmente, altre volte nascondendo le scelte nelle pieghe di leggine e milleproproghe, risorse verso Nord? Non è questo un fatto spesso denunciato e documentato proprio dal Mattino? Non è il fine di questo saggio, certo, qui si stigmatizzano atteggiamenti e consuetudini dei singoli e delle corporazioni con qualche critica alla politica.

Ma in cima al dirittismo non sta forse la pretesa libertà – dei singoli prima di tutto – di voler tenere per sé tutta la ricchezza per chi più ne ha e -anzi – aggiungere ricchezza a ricchezza prevedendo trasferimenti di risorse da Roma più verso Nord che verso Sud, come certifica la Ragioneria dello Stato?

Non è campione di questo atteggiamento quel partito prima nordico e ora opportunisticamente nazionalista? Una-parola-una su questo in tema di dirittismi forse valeva la pena spenderla.  Non compare.

Compaiono invece notazioni sulle due coordinate della comunicazione contemporanea in Italia, che restituiscono una chiave di lettura utile a inquadrare un tema sfuggente, tanto più se paragonata – come fa l’autore – con quanto diversamente accade nel mondo anglosassone. Verosimiglianza e quantità vincono su qualità e certezza delle fonti. Forse dentro a una lettura articolata, complessa, della società ci stava anche bene una criticà al semplicismo, alla tendenza a voler a tutti i costi cercare spiegazioni facili per questioni che non lo sono. Col rischio di banalizzare tutto, di vite e politiche tutte centrate sulle tattiche, epidermiche.

Barbano chiude il saggio con una proposta che si può fare manifesto politico. C’è spazio, in Europa prima ancora che in Italia, per intestarsi una battaglia sotto il segno di un nuovo moderatismo radicale.

Moderato nel metodo, nella modalità di approccio alla realtà “che contiene in sé tre elementi inseparabili: la coscienza di un impegno civile, il senso del limite e il beneficio del dubbio. Integralità: la si propone non come rigida intransigenza ma come “dovere di testimonianza”.

Un modo serio di porre questioni fuori dal chiacchiericcio quotidiano, una visione di base e una proposta di discussione. Utile anche per chi  guarda alle stesse cose da una differente angolazione.

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