Dieci piccoli napoletani. Vastarelli e il giornalista a cui toccò far l’investigatore

gennaio 23, 2020

Chi conosce Antonio Vastarelli non si sorprenderà se il suo alter ego letterario ha i panni di un cronista ironico, un poco scanzonato, ma soprattutto che non scende a compromessi e se serve litiga con tutte le redazioni con cui ha a che fare.

Così è Arturo Vargas di “Dieci piccoli napoletani”, romanzo nero di esordio, con il titolo e la macrostruttura che fanno il verso ad Agatha Christie, ma con uno stile e uno sviluppo tutto mediterraneo.

La passione per il gentil sesso ricorda l’investigatore dell’incubo, il coniglio domestico risulta una divertente variazione sui più frequenti gatti o altrimenti cani.

Come tutte le opere prime è molto denso, ricco di riferimenti e considerazioni, filosofiche e soprattutto musicali, che si gustano di più con una conoscenza approfondita dei musicisti preferiti dal giornalista al quale tocca in sorte di improvvisarsi investigatore.

La storia scorre fluida, i personaggi sono ben disegnati e a tratti fumettistici, i cambi di registro danno un bel ritmo, alcune battute sono fulminanti, il finale non è scontato. Si annusano qua e là riferimenti a questioni che per molti versi sono reali e contemporanee, quasi una denuncia civile a guardar bene.

Finisce in pausa, come una promessa a tornare. Alla prossima, Vargas.

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