Io mi ricordo (Gronki)

novembre 17, 2024

Io me lo ricordo dalla vecchia sede, me lo ricordo. A portare i piatti su e giù per le scale e a scherzare con gli amici e con le donne in cucina, mi ricordo.

Di quando qualcuno per le scale cadde e si versò addosso tutta la guantiera con i caffè e lo si pigliava in giro, bonariamente; e di quando qualcun altro lasciò sotto i piatti appilati dentro al lavandino colmo d’acqua un oggetto equivoco di legno, che una giovane donna puliva i piatti e, finito che ebbe, quello salì di botto dal fondo e tutti a ridere che era quel clima lì, me lo ricordo.

Io mi ricordo i matrimoni e i tavoli da dividersi a due a due tra i camerieri, che si serviva alla francese e che di ogni portata c’era sempre il bis e qualcuno faceva il tris e oltre e non si capiva come potesse mangiare tanto. E il giorno dopo era di nuovo lì per un altro matrimonio, mi ricordo.

Io mi ricordo le sere dei matrimoni con le bibite e ancora da mangiare e gli spaghetti a mezzanotte mi ricordo. Tutti i complessi che negli anni hanno suonato e le incursioni di personaggi storici a fare un pezzo loro, sempre lo stesso, sempre di cuore.

Mi ricordo tutti gli sposi da avvolgere nei festoni a stringerli come una braciola di amore e poi a portali a spalla che si fanno incrociare e poi vanno allontanati, e poi di nuovo a rincorrersi, fino a lanciarli in aria per il gran final.

Mi ricordo quadriglie comandate come si deve e se si crea confusione con un all’incontré si risolve che ogni cavaliere torna con la propria dama e poi le dame al centro e i cavalieri intorno a formare un cerchio. E vai con il grantuché.

E mi ricordo battesimi, cresime e comunioni, e di più feste per ogni occasione e Capodanni con trenini che partivano e non volevano arrivare perché si stava bene così, in un tempo sospeso, ognuno con le mani sulle spalle di un altro, tutti assieme.

E mi ricordo di serate più intime, con gli amici, nella saletta piccola e che volete mangiare. Mi ricordo sapori che resistevano al tempo e che poi ma sì, prendi pure la fisarmonica che si può alzare un’arietta, come se fossi a casa di amici, che questo alla fine era, questo alla fine era.

Io mi ricordo tutto, tutti gli antipasti, tutti i tris di primi e i sorbetti al limone che facevano da spartiacque tra un secondo di carne e uno di pesce. Mi ricordo la musica che annunciava l’ingresso dei camerieri e la danza che apriva il pranzo nuziale e la lotta a chi serviva gli sposi. Mi ricordo le coppe di acciaio smaltato a far la scenografia intorno alla torta nuziale e i tappi di ogni bottiglia di spumante e i fuochi, i fuochi benauguranti a suggellare l’unione e l’inizio della sera, quando viene pure chi al pranzo non era invitato, viene a vedere, a fare gli auguri, a ballare.

Mi ricordo tutto e so bene, come tutti, chi ha avuto il coraggio e il cuore per fare in modo che tutto questo potesse accadere. E non mi capacito che ora non possa ricapitare.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *